Bartolotta: comunicare bene significa investire tempo in studio e ricerca
L’obiettivo di un buon comunicatore del vino dovrebbe essere quello di investire in studio e ricerca per arricchire la propria audience, qualunque essa sia..
Di Emanuele Fiorio
Filippo Bartolotta è una figura poliedrica: esperto di vino, divulgatore, scrittore, sommelier, globetrotter. È noto per il suo lavoro nel settore dell’ospitalità e della consulenza formativa ma anche per la sua abilità nel comunicare la cultura enologica in modo accessibile e coinvolgente ad un pubblico allargato.
Nel contesto del progetto “Amorim Wine Vision”, abbiamo voluto approfondire con Bartolotta alcuni temi chiave che ruotano attorno alla comunicazione del vino: strategie e modalità, elementi comunicativi distintivi, intelligenza artificiale, audience, greenwashing.
La comunicazione in generale e di conseguenza quella legata al vino sono coinvolte in una costante evoluzione. Ogni volta che si raggiunge un livello avanzato, l’asticella si alza. Quali sono le sfide maggiori che incontri in questa dinamica complessa?
Credo dipenda dalla posizione di ciascuno, ma chi si occupa di formazione o giornalismo è evidente che necessita di un aggiornamento continuo. Nel mondo del vino ci sono tutta una serie di evoluzioni e cambiamenti che coinvolgono il comparto, le denominazioni ma anche le tendenze ed il mercato: ciò che poteva valere qualche anno fa, oggi non ha più valore.
L’aggiornamento è un vaccino contro gli stereotipi. La Sicilia produce bianchi siciliani opulenti, morbidi e burrosi, mentre i rossi sono marmellatosi e alcolici. Falso. La Sicilia è la prima regione italiana per la viticoltura di collina (seconda per quella di montagna) ed è in atto un rinascimento qualitativo che sta facendo emergere i tratti più autentici di questa viticoltura. Il Montepulciano d’Abruzzo è solamente un vino saturo e estrattivo? Falso. Ci sono, oltre alle versioni Cerasuolo delle nuove tendenze verso rossi più vibranti e reattivi. I bianchi italiani non invecchiano. Falso. Ci sono esempi straordinari che possiamo trovare da nord a sud: i grandi bianchi dell’Alto Adige, il Lugana, i Soave Classico, qualche strepitosa Vernaccia di San Gimignano, alcuni Orvieto o i Fiano d’Avellino.
La parte più bella del nostro lavoro è quella da esploratori e da reporter. Dobbiamo stare al passo con i progressi di ogni territorio altrimenti divulghiamo solamente stereotipi e non rendiamo un servizio a nessuno. È necessario investire tempo in ricerca non solo sui libri ma soprattutto sul campo, letteralmente!
Esiste una criticità a monte, spesso le aziende faticano ad individuare, prima ancora di saper comunicare, le peculiarità che le rendono uniche e che le differenziano realmente dai competitor. Faccio un esempio: tradizione, famiglia e qualità non sono più elementi comunicativi peculiari e distintivi nel panorama italiano. Quali potrebbero essere le strategie alternative?
Le aziende hanno bisogno di trovare la propria voce, la si trova ascoltandosi e cercando aiuto in chi riesce a far emergere la propria identità aziendale. È importante non accontentarsi di soluzioni comunicative preconfezionate perché il rischio è quello di conformarsi e diluire il messaggio. Dunque bisogna saper scegliere aziende o esperti di comunicazione che sappiano far emergere i tratti più autentici della propria azienda. Quando devo preparare le mie masterclass, cestino il 90% di ciò che leggo sul web: tante parole, ma spesso poca sintesi e focus sulla propria identità. Per comunicare bene bisogna ribaltare la prospettiva pensando che il lavoro sulla comunicazione sia prima che un costo, un’investimento sul proprio futuro.
Innovazioni come l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, vedi ChatGPT, stanno creando aspettative ma anche timori in diversi settori. Quali sono i pro ed i contro che intravedi nell’utilizzo di queste tecnologie in relazione alla comunicazione del vino?
Sono tra quelli che non teme queste innovazioni, ne parlavo tempo fa con dei colleghi. ChatGPT è una bomba, un giorno ero pieno di lavoro e dovevo consegnare un pezzo, ho provato a realizzare un lavoro di base, grazie anche a ChatGPT ne è scaturito un pezzo che dal punto di vista dei contenuti era corretto ma che aveva forti limiti: mancava completamente l’aspetto critico e autorale. Uno scrittore, un giornalista, un autore hanno una visione laterale, esperienziale e critica che queste innovazioni non possono riprodurre.
Ti faccio un esempio, se voglio prendere in esame una verticale di Cerasuolo d’Abruzzo fatta di recente e argomentare come la leggerezza sia un parametro qualitativo, posso fare un percorso di carattere letterario citando Ovidio o Calvino legato alla mia esperienza di vita. Il risultato è per forza di cose originale, probabilmente controintuitivo, magari dissacrante. Dubito che ChatGPT possa arrivare a questo. Se un domani l’intelligenza artificiale arrivasse ad avere capacità critica e fosse in grado di coniare associazioni di idee originali arricchite di “proprie” esperienze, allora diverrebbe un problema concreto.
Sapresti individuare 3 elementi imprescindibili che un buon comunicatore del vino dovrebbe tenere sempre in considerazione e che possono fare la differenza?
Il pensiero principale di un buon comunicatore del vino dovrebbe essere quello di arricchire la propria audience, qualunque essa sia. Ciò che fa la differenza è non porsi in un’ottica dimostrativa ma di condivisione. È fondamentale capire a chi ci stiamo rivolgendo. L’onore di poter guidare un seminario di formazione, o masterclass che dir si voglia, impone non solo di raccontare dati tecnici e descrizioni sensoriali ma soprattutto di adoperarsi perchè il messaggio sia forte e comprensibile. In passato, soprattutto in Italia noi giornalisti, sommelier, divulgatori, ecc ci siamo dedicati quasi solo ai contenuti tecnici e molto poco alla forma, al modo di veicolare il messaggio.
Il settore del vino è minato da una serie di “washing” ovvero strategie di comunicazione e marketing finalizzate a costruire un’immagine positiva attraverso messaggi puramente di facciata che riguardano ecologismo (green washing), pari opportunità (pink washing) diritti LGBTQI+ (rainbow washing), minoranze etniche (white washing). Qual è la tua opinione in merito? Intravedi delle possibili soluzioni per limitare questi fenomeni?
È una domanda molto difficile perché è universale, spetterebbe ai consumatori fare delle scelte consapevoli. Un esempio concreto è il progetto “SOStain Sicilia”, un programma di sostenibilità per la vitivinicoltura siciliana, promosso dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e da Assovini Sicilia allo scopo di certificare la sostenibilità del settore vitivinicolo regionale.
Questo progetto lega gli step di sostenibilità delle aziende aderenti alla possibilità di ricevere prestiti e finanziamenti (ESG). L’aumento di interesse generale nei riguardi della sostenibilità spinge per forza le aziende a porsi questi obiettivi che devono essere sempre più credibili, dimostrabili e monitorabili. La sostenibilità deve essere a 360 gradi, non solo ambientale. Sono emblematici i casi di aziende con certificati di sostenibilità ambientale ma che non si impegnano su quella sociale dei propri collaboratori.
Oggi la comunicazione è velocissima e biunivoca, basta poco per perdere la fiducia se tradiamo i consumatori. Le sfide ambientali sono davanti agli occhi di tutti, è necessario essere coscienti che praticamente tutti gli addetti ai lavori e i consumatori daranno sempre più peso e attenzione a questi temi. I paesi del nord Europa stanno praticamente importando solo ed esclusivamente vini di aziende che si impegnano nei percorsi di sostenibilità che non solo è un dovere ma adesso anche un’opportunità.